Lingua e scrittura

La lingua è essenziale per uno scrittore, e la lingua è personale quanto il sangue. Vivo in California, in inglese, ma posso scrivere solo in spagnolo. In effetti tutte le cose fondamentali della mia via accadono in spagnolo, come rimproverare i nipoti, cucinare o fare l’amore.
E forse a questo punto dovrei raccontarvi come e perché sono diventata una scrittrice.
La mia vita sembra ruotare attorno al dolore, alle perdite, all’amore e alla memoria. Il dolore e le perdite sono gli insegnanti, mi fanno crescere. L’amore mi aiuta a resistere e mi dà gioia. (Mi rendo conto che questo suona sdolcinato!). La memoria è la materia prima di tutto il mio lavoro.
Sono nata durante la Seconda guerra mondiale. Non mi porto male gli anni, vero? Ci vogliono molta fatica e molti soldi… Sì, sono una vecchiaccia, un reperto archeologico delle piramidi, ma non ancora del tutto senile. Sono cresciuta in una famiglia patriarcale in cui mio nonno era secondo solo a Dio onnipotente. Mia madre si era sposata contro la volontà del nonno con l’uomo sbagliato, mio padre. Durante la luna di miele, in crociera sul Pacifico, lo sposo soffrì costantemente il mal di mare, ma nonostante ciò riuscirono a concepirmi. Nei tre anni seguenti marito e moglie vissero separati per la maggior parte del tempo, ma in quei brevi periodi che passarono assieme ebbero altri due figli. La fertilità corre, in famiglia, io sono fortunata perché sono diventata donna in epoca di pillola.
Il matrimonio dei miei genitori fu un disastro fin dall’inizio. Un giorno, nel periodo attorno al mio terzo compleanno, mio padre uscì per comprare le sigarette e non tornò mai più. Questa è la prima grande perdita della mia vita e forse per questo non riesco a scrivere di padri. Nei miei libri ci sono così tanti bambini abbandonati che potrei fondare un orfanotrofio. Mio padre lasciò mia madre nei guai in un Paese straniero, con tre figli piccoli. A rendere le cose ancora peggiori, in Cile non c’è il divorzio. È l’unico Paese della galassia a non ammettere il divorzio. Mia madre riuscì in qualche modo a rendere nullo il matrimonio e così diventò una madre single con tre figli illegittimi. Non aveva denaro, non era molto istruita, non possedeva abilità particolari. La sua unica possibilità era quella di tornare da suo padre a chiedere aiuto, e così fece.
La casa dei miei nonni, in cui ho passato la mia infanzia, era popolata da animali domestici selvatici, strani esseri umani e spiriti benevoli.
Mia nonna era una signora affascinante, poco interessata al mondo materiale. Passava la maggior parte del suo tempo facendo esperimenti di telepatia e parlando con le anime dei morti durante le sue sedute spiritiche. Questa donna chiaroveggente, che riusciva a spostare gli oggetti senza toccarli, è servita come modello per il personaggio di Clara del Valle nel mio primo romanzo, “La casa degli spiriti”. È morta tanto tempo fa, ancor giovane, ma, al pari di mia figlia Paula, è una presenza costante nella mia vita. Mio nonno era un basco solido, ostinato e forte come un mulo, che mi ha lasciato in dono la disciplina. Era in grado di ricordare centinaia di racconti popolari e lunghi poemi epici; parlava per proverbi. Visse fino a cento anni e nell’ultima parte della sua esistenza lesse parecchie volte la Bibbia dalla prima pagina all’ultima e l’Enciclopedia Britannica dalla A alla Z. Mi trasmise l’amore per il linguaggio e per le storie.
Nella mia famiglia la felicità era irrilevante. I miei nonni sarebbero rimasti sbalorditi nel sapere che la gente spende davvero soldi in terapie per superare la propria infelicità. Per loro la vita era dolorosa per natura e il resto erano stupidaggini. La soddisfazione veniva dal fare la cosa giusta, dalla famiglia, dall’onore, dallo spirito di servizio, dall’imparare, dal sopportare. La gioia, è ovvio, era presente nella nostra vita per molte vie, e l’amore non era la meno importante di queste, ma noi non parlavamo mai d’amore, sarebbe stato assai imbarazzante. I sentimenti fluivano silenziosi. Non c’erano molti contatti fisici e molti baci; i bambini non venivano lodati o vezzeggiati, era considerato malsano. L’aspetto fisico e le funzioni corporali erano ignorate. Era un crimine di pessimo gusto il parlare di religione, politica, salute e, soprattutto, di denaro. La mia famiglia faceva opere di carità in abbondanza e in segreto. La generosità non è una virtù, è un dovere, nulla di cui vantarsi.